Sperando di fare cosa gradita a tutti, con questo post inauguro una piccola rubrica che potremmo chiamare l’Angolo Del Giapponese, nella quale vedremo di approfondire il significato dei termini “goistici” nella lingua nipponica, che sono ormai di uso abituale anche all’estero.
Spesso, al di là della curiosità, nel significato dei termini si può trovare un valido strumento di comprensione per capire meglio il go.
Come argomento di apertura volevo qualcosa di leggero ma interessante, che richiamasse anche qualche aspetto culturale del Giappone, e la scelta è ricaduta sul termine Hanami Ko. Anzitutto, per chi non lo conoscesse, l’Hanami Ko è un tipo particolare di Ko (non devo spiegarvi cos’è il ko naturalmente) dove solamente una delle due parti in gioco ha da guadagnare.
Vediamo come è scritto in giapponese:
花見コウ
i primi due ideogrammi, 花見 si leggono ‘hanami’, dove 花 (hana) è il fiore, mentre 見 (mi) è la radice del verbo 見る (miru) che significa vedere.
I giapponesi sono sempre stati un popolo affascinato dalle bellezze naturali, e anche oggigiorno, in occasione della fioritura dei ciliegi e di altre piante da fiore, non perdono occasione per organizzare gite e picnic all’aria aperta per godere della contemplazione dello spettacolo offerto dalla natura. Alla televisione vengono diramati bollettini dell’andamento della fioritura, e i posti famosi per la bellezza delle piante da fiore sono presi d’assalto da frotte di turisti. Un fenomeno analogo ha luogo in autunno per ammirare le foglie accese dai colori caldi tipici di quella stagione, in questo caso non si parla di hanami ma di momiji, ma qui mi fermo per non divagare.
La seconda parte dell’iscrizione è ovviamente il Ko, scritto コウ in caratteri sillabici katakana. Normalmente si utilizzano ideogrammi e sillabici hiragana per le parole di origine giapponese, ma a volte si usano i katakana per ‘staccare’ maggiormente una parola dalle circostanti; in altre parole si tratta di una scelta stilistica. In realtà l’ideogramma per questa parola esiste, anche se usato di rado, ed è questo: 劫 . Esso esprime il concetto di ‘Kalpa’, un termine in sanscrito che nella cosmologia induista e buddhista indica un ciclo cosmico, detto anche giorno di Brahma: un lunghissimo periodo di tempo che misura un ciclo di evoluzione dell’universo. Per gli induisti un Kalpa sono circa 4,32 miliardi di anni. Per i buddhisti esistono vari tipi di Kalpa, di lunghezze diverse che vanno da 16 milioni di anni a ben 1,28 trilioni di anni (!). Si tratta comunque di periodi di tempo lunghissimi, e la scelta di questo concetto per rappresentare la situazione di Ko sul goban è abbastanza naturale. Da notare comunque che in occidente, per la mancanza di un esatto corrispettivo del termine ‘Kalpa’, si preferisce usare traduzioni tipo ‘eternità’ o ‘infinito’.
Chi studia un po’ di giapponese si sarà accorto che alla sillaba コ (ko) segue la sillaba ウ (u) e questo, secondo le convenzioni dei sillabari giapponesi indica che la vocale ‘o’ deve essere lunga (quasi raddoppiata). Eh sì, quello che di solito chiamiamo ‘ko’ andrebbe pronunciato come ‘koo’. Coi caratteri latini è consuetudine diffusa indicare le vocali lunghe con un sopratratto, e quindi una grafia più corretta è: hanami kō.
Ma cosa c’entra la contemplazione dei fiori con un kō? Abbiamo detto che si parla di hanami kō quando solamente uno dei due giocatori ha da guadagnare dalla battaglia di kō. Se l’hanami kō è in tuo favore, se lo vinci infliggi una perdita devastante al tuo avversario, se lo perdi si tratta comunque di pochi punti. Questo ti mette in una posizione di agio assoluto, senza alcuna preoccupazione; e qui sta proprio l’associazione di idee con un picnic in tranquilla contemplazione dei fiori di ciliegio.
Vediamo un esempio di hanami kō:
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Per questa settimana è tutto, fatemi sapere se avete gradito!